Una farsa senza ritegno: stallo tra Di Maio e Salvini, incapaci di governare

Voltafaccia, propaganda su Facebook. Savona e Meloni dentro, o fuori. Mercati in subbuglio. Rivolta grillina contro Gigino.

Mentre è ancora nebbia fitta sull’irto Colle, e il Quirinale, arrivati all’ottantaseiesimo giorno di attesa, fa sapere che non bisogna avere fretta, per ingannare il tempo si pronunciano discorsi impegnativi e volano parole grosse come «fronte repubblicano».
Sulla linea Maginot di tutti i talk-show avanzano campioni di democrazia che invitano a fare delle prossime elezioni uno spartiacque tra europeismo e nazionalismo.

Naturalmente per il Pd, capofila dello schieramento combattente, spingere verso un cartello macroniano che chiama a raccolta i volenterosi, dai delusi di Forza Italia agli scissionisti pentiti, dovrebbe servire a fermare l’emorragia elettorale. Obiettivo legittimo, considerando i recenti tracolli, ma che a ben vedere ha poco a che fare con la resistenza al «golpe» di Salvini e Di Maio.

Se pensiamo che la sfida sia tra democrazia e barbarie, allora altro che fronte repubblicano, dovremmo presidiare le piazze con la vigilanza democratica contro masse popolari ostili, ma facilmente si passerebbe il confine tra il dramma e la farsa. Oltretutto fa un po’ sorridere come grido di battaglia, quell’adesso «ci godiamo lo spettacolo, pop corn per tutti» da parte di chi rivendica la testa della nuova resistenza ai nuovi barbari che accerchiano il Palazzo dal nord al sud.

È l’ennesima giravolta di Renzi, che infatti un minuto dopo aver chiamato tutti i «repubblicani» alla lotta, ricomincia con i soliti toni arroganti verso i vecchi compagni scissionisti di Leu che vorrebbero entrare a far parte del Fronte.

Il partito che ha tentato la rottamazione delle istituzioni, che ha provato a scassare parlamento, governo e rappresentanza con una legge elettorale che si chiamava Italicum e una riforma costituzionale nefasta, bastonato per questo dagli elettori di sinistra, si propone come l’alfiere della difesa della Carta e degli equilibri istituzionali.

Morire per Calenda e/o per Gentiloni? La credibilità in politica, specialmente di questi tempi, non gode di grande considerazione, ma c’è un limite anche al trasformismo, si possono ingannare tutti qualche volta, non si possono ingannare tutti per sempre.

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Lo spiraglio per un possibile accordo politico in grado di far partire il governo del cambiamento arriva da Luigi di Maio: tenere l’economista della “discordia” Paolo Savona nella squadra, ma in un ruolo diverso da quello di responsabile del Mef. E’ l’ultimo estremo tentativo che il Quirinale fa sapere di valutare “con grande attenzione”. Ma al via libera manca l’ok di Matteo Salvini, che definisce l’idea “strana” e spiega: “Ne parleremo con Savona”.

La proposta di Di Maio – L’ennesima giornata di crisi ruota tutta intorno al Colle. Il Capo dello Stato incontra nel pomeriggio il capo politico del M5s, che da martedì continua a ripetere: “Governo politico o urne”. “La battaglia non è con il Quirinale”, si affretta a precisare Di Maio che domenica era arrivato a minacciare il presidente di impeachment per aver bloccato la partenza dell’esecutivo giallo-verde per l’insistenza dei due leader sulla presenza dell’euroscettico Savona. Poi la proposta: “Troviamo una persona della stessa caratura dell’eccellente professor Savona: lui resta nella squadra di governo, ma in un’altra posizione”.

La replica di Salvini – Il cerino passa così nelle mani del leader della Lega. Salvini dice di voler riflettere sulla proposta, ma comunque avverte: “Se mi tirano via anche un solo uomo di quella squadra, il governo non ha senso che esista”. Poi definisce “strana questa richiesta di spostamenti da un giorno all’altro, perché un ministro dell’Economia non sta simpatico alla Merkel o ai tedeschi. Valutiamo quanto possa essere utile agli italiani questo tipo di ragionamento e di spostamento parlandone ovviamente con il professor Savona, cosa che educazione vuole”.

Cottarelli in stand by – In attesa dell’esito dell’ennesima trattativa per la rinascita di un governo politico, intanto, resta l’opzione del governo Cottarelli. La lista dei ministri è pronta e lui è in stand by per non “forzare sui tempi per un eventuale esecutivo politico”. Di fatto per un governo “neutrale” però non ci sono i numeri per ottenere la fiducia alle Camere: l’unica via d’uscita poteva essere l’accordo politico di maggioranza a non esprimersi, con la disponibilità di volontari a votare a favore. L’ipotesi però si infrange contro la realtà, con i pentastellati che confermano il no alla fiducia, portandosi dietro anche Lega e Fratelli d’Italia.

Frena lo spread, la Borsa rimbalza – Dopo due giornate nere, le notizie da Roma spingono Piazza Affari, che riprende fiato e chiude in rialzo del 2%, grazie soprattutto ai recuperi dei titoli bancari, con investitori a caccia di saldi. L’altalena tocca anche lo spread tra i Btp e i Bund tedeschi, che si raffredda e chiude a 247 punti base, in calo di mezzo punto percentuale dai 290 della chiusura ieri, quando era volato fino a 313 punti, ai massimi dal 2012. Ma i dubbi sulla capacità dell’Italia di ripagare il suo debito si riflettono sul mercato primario e l’asta di Btp a 5 e 10 anni vede un netto rialzo, col rendimento medio del decennale che vola al 3% (il livello più alto da maggio del 2014) dal 1,70% del collocamento di aprile.

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Luigi Di Maio prova a fare un ultimo tentativo per mantenere in piedi l’opzione del governo politico: un appello pubblico via Facebook – ma il messaggio è rivolto alla Lega – per il rilancio dell’esecutivo Conte ma con la sostituzione del prof Paolo Savona al ministero dell’Economia. Savona, nell’idea del capo politico del M5S, dovrebbe comunque restare nella squadra ma con un incarico diverso. «Savona era un punto di caduta tra il M5S e la Lega, il Mef non era in quota Lega, noi abbiamo deciso insieme il profilo di Savona», aggiunge Di Maio. Salvini in serata apre: «Valutiamo, porta mai chiusa».Giornata produttiva? Di Maio resta cauto: «Vediamo, non dipende da noi, aspettiamo una risposta».

L’incontro al Quirinale

Lo stesso capo politico del M5S nel pomeriggio aveva incontrato per mezz’ora il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. L’incontro non era stato annunciato e non si hanno notizie sulle motivazioni che lo hanno determinato. È probabile, tuttavia, che il leader grillino abbia sondato il terreno con il Quirinale prima di diffondere il videocomunicato. Di certo la sua mossa è stata gradita da Mattarella: fonti vicine al presidente interpellate dalle agenzie di stampa segnalano che la proposta di un cambio di ruolo di Savona viene guardata «con grande attenzione». La salita al Colle di Di Maio era stata preceduta da una dichiarazione perentoria: il M5S voterà contro un governo non politico, ovvero quello già pronto di Carlo Cottarelli, e non si presterà a escamotage parlamentari come quello della non sfiducia tecnica. «Ora non dipende da noi – ha aggiunto Di Maio -: il M5S ci sta, dipende dall’altra forza politica che fa parte del contratto. Se ci sta, chiederemo di richiamare Conte al Quirinale per l’incarico e sarebbe una grande occasione». Poi il capo politico dei 5 Stelle precisa, davanti ai parlamentari riuniti a Montecitorio, «Ovunque andiamo, troviamo muri di gomma ma prima o poi li abbattiamo. Speriamo prima che poi…».

 Il cambio di passo

In precedenza una nota della parlamentare Laura Castelli aveva parlato di «ore cruciali» e di «una situazione di instabilità che rischia di essere pagata dai cittadini e dal Paese». E per questo, sottolineava, «stupisce che Paolo Savona, persona di grande spessore culturale e sensibilità politica, non abbia ancora maturato la decisione di fare un passo indietro». Un cambio di orientamento, dunque, rispetto alla posizione espressa fino allo scorso weekend che vedeva i 5 Stelle allineati alla Lega nella difesa del professore alla testa del ministero delle Finanze. Ora invece Savona sembra diventato «sacrificabile», almeno in parte.

La replica di Salvini

In giornata Matteo Salvini aveva ribadito che la possibilità di resuscitare il governo giallo-verde passava dal mantenimento dello stesso programma e della stessa squadra, Savona compreso. «Se mi tirano via anche un solo uomo di quella squadra – aveva sottolineato -, il governo non ha senso che esista». Parlando ad un comizio dopo l’intervento di Di Maio, Salvini ha solo accennato ad una possibile apertura («ci penseremo») ribadendo però le sue perplessità e sottolineando il suo no a «un governo tenuto al guinzaglio». «I ministri – ha aggiunto lanciandosi in un parallelo calcistico – non sono come nomi del calciomercato e ognuno deve avere il suo ruolo: un portiere deve fare il portiere, non l’attaccante». E ancora: «Quando abbiamo proposto il professor Savona è stato perché era il migliore per fare il ministro dell’Economia. Se Di Maio ha cambiato posizione ne parlerò con lui». Ma in serata le posizioni del leader della Lega si sono ammorbidite, e Salvini ha precisato che «la porta non è chiusa»: «Valutiamo quanto possa essere utile agli italiani questo tipo di ragionamento di spostamento, ovviamente in primis con il professor Savona, cosa che educazione vuole. Stiamo ragionando su una squadra forte per un progetto forte».

L’arrivo di Cottarelli

Dopo l’incontro con Di Maio, Mattarella aveva ricevuto il premier incaricato Carlo Cottarelli. Anche in questo caso si è trattato di un incontro informale, non annunciato sul sito della Presidenza della Repubblica. Cottarelli avrebbe concluso la definizione della squadra del suo governo di servizio. Ma prima di sciogliere la riserva e accettare così il mandato per Palazzo Chigi, attende – di concerto con Mattarella – di vedere se da Salvini e Di Maio arriveranno segnali per un rilancio dell’opzione politica. Per questo si ipotizza un’ulteriore dilazione prima di un pronunciamento definitivo.

La fiducia tecnica

Nel caso invece il governo politico restasse un’opzione non percorribile, Cottarelli potrebbe presentarsi al Parlamento con la sua squadra composta da tecnici e personalità e chiedere a deputati e senatori una fiducia tecnica, un via libera che permetta al governo di partire per poter sbrigare gli affari correnti e traghettare il Paese a nuove elezioni. Uscite dall’aula e astensioni consentirebbero alle forze più critiche verso l’esecutivo di non «sporcarsi le mani» ma permetterebbe a Mattarella di liberare Gentiloni e i suoi ministri, che tutt’ora sono in carica, prima della nuova campagna elettorale, che li vedrà in buona parte in campo.

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2 commenti

  1.   

    E’ il presidentissimo che per paura di mettere in pericolo l’euro l’ha di fatto messo ancora più in pericolo.
    Come diceva Falcone quando in un paese  comanda la mafia?
     
    L’autorevole economista Ashoka Mody osserva su Bloomberg che, al di là delle polemiche di diritto costituzionale, la scelta di Mattarella di impuntarsi sull’esecutivo M5S-Lega è folle. Gli elettori italiani vogliono incidere sui processi decisionali, mentre l’insediamento di un nuovo governo “tecnocratico” non farebbe che aumentare il consenso per i partiti euroscettici (che potrebbero invece ottenere concessioni sacrosante dai partner UE). D’altra parte, questa situazione era inevitabile dopo che – in media – gli italiani sono meno ricchi oggi rispetto a quando, quasi vent’anni fa, aderirono alla moneta unica. Senza nemmeno averlo scelto.
    http://vocidallestero.it/2018/05/30/il-presidente-italiano-ha-appena-messo-in-pericolo-leuro/

  2.   

    Sarebbe interessante un commento di esperti, può essere che bruxelles, che i terroristi della troika siano così potenti 
    Wall Street, insomma, è stata soltanto l’ultima vittima dell’Italia e della sua “crisi” di istituzionale  ?!?!.
    L’andamento di Wall Street dopo la pausa
    https://www.money.it/Wall-Street-cade-con-Italia-tonfo-banche?utm_source=notifichepush