A Predappio nascerà un museo sul fascismo. Idea del sindaco Pd

Un “museo del ventennio fascista” a Predappio, paese natale di Benito Mussolini: è l’idea del sindaco eletto nel Pd, Giorgio Frassineti, che ieri l’ha illustrata in un’intervista al …

Un “museo del ventennio fascista” a Predappio, paese natale di Benito Mussolini: è l’idea del sindaco eletto nel Pd, Giorgio Frassineti, che ieri l’ha illustrata in un’intervista al direttore del Foglio. “Non voglio celebrare ma solo raccontare”, sostiene Frassineti, e lo storico e giornalista Paolo Mieli gli dà credito: “Sono a favore di quel progetto per due motivi. Il primo è che Predappio è già meta di ininterrotti pellegrinaggi di nostalgici. Non siamo di fronte a una situazione in cui il sindaco si inventa qualcosa per sfruttarlo. Cerca semmai di mettere ordine e di dare un carattere scientifico a qualcosa che già avviene, per trasformare quello che oggi è un mausoleo dei nostalgici in qualcosa di più serio, in una opportunità di conoscenza. Il secondo motivo è che questo genere di istituzioni sono più che mai utili in epoca di perdita di memoria storica. A patto, naturalmente, che a occuparsi della loro gestione non siano i delegati dei partiti ma studiosi di provata serietà. Faccio un nome: lo storico Beppe Vacca, studioso di Gramsci e autore di un’introduzione di grande pregio al libro pubblicato da Laterza che raccoglie i due scritti principali di Togliatti sul fascismo (‘A proposito del fascismo’, del 1928, e ‘Lezioni sul fascismo’, del 1935). Morale: realizzato a Predappio, un museo che potrebbe perfino chiamarsi ‘del fascismo e dell’antifascismo’, tanto per dissipare ogni possibile dubbio, avrebbe la funzione di offrire, là dove oggi c’è una raccolta di cimeli, un serio itinerario di conoscenza e di approfondimento storico. A questo proposito – continua Mieli – nella mia esperienza di autore di programmi televisivi dedicati alla storia ho constatato che nulla riscuote interesse quanto quelli che si occupano del ventennio. Abbiamo provato a capire come mai, e sappiamo che non c’è nessun retroterra nostalgico. C’è invece la voglia di capire meglio qualcosa che ha così fortemente segnato la storia italiana e che non smette di provocare contrapposizioni aspre (basti ricordare, a metà anni Novanta, la contestata decisione dell’allora sindaco romano Francesco Rutelli di dedicare una via al gerarca Giuseppe Bottai, che non poté realizzarsi a causa delle polemiche)”.

L’idea di ospitare un museo del fascismo nel luogo di nascita di Mussolini e non altrove, secondo Mieli è utile “a emancipare quel luogo dalla funzione di meta nostalgica. La conoscenza non deve far mai paura e, attuato con criteri di serietà, un museo del fascismo a Predappio non sarebbe qualcosa di ambiguo o negativo. Sui modi di realizzarlo, penso per esempio a una saletta dove venga proiettato in continuazione un programma che nel 1972 segnò uno dei punti più alti di sempre nella divulgazione storica televisiva. Mi riferisco a ‘Nascita di una dittatura’ di Sergio Zavoli, che si avvalse anche della consulenza di Renzo De Felice, e che diede la parola, senza mai uscire dai binari del rigore, a decine di protagonisti degli anni che videro l’affermazione del fascismo. Quanto al comitato scientifico, vedrei con favore la presenza di due storici come Emilio Gentile e Giovanni Sabbatucci”.

Proprio quest’ultimo spiega però al Foglio di non condividere l’idea del sindaco di Predappio, “e non perché in teoria non sarebbe desiderabile un luogo dedicato alla memoria del ventennio, e in particolare un museo, visto come strumento tra gli altri di approfondimento e conoscenza. Ma solo in teoria – puntualizza Sabbatucci – perché nella realtà e nella stragrande maggioranza dei casi, i musei sono spazi che per forza di cose diventano celebrativi. Non vale l’esempio del museo berlinese della Shoah, che ha la funzione di perpetuare la memoria di qualcosa che non smette di essere oggetto di negazionismi. Mentre già immagino il museo del fascismo di Predappio diventare oggetto di contese e lamentele senza fine, che di scientifico avrebbero ben poco. Non credo che la cosa cambierebbe nemmeno se, invece di Predappio, si scegliesse una sede nazionale più importante, come Roma o Milano. Sarebbe perfino peggio, perché almeno a Predappio il museo conserverebbe un carattere più defilato”. La sfiducia in un progetto di museo del fascismo, spiega ancora Sabbatucci “non va naturalmente confusa con l’idea di rinunciare all’approfondimento su quel ventennio così importante. Ben vengano le esposizioni temporanee (come quella romana sull’Eur, per esempio, dove abbiamo visto anche una testa in bronzo di Mussolini). Ma diffido, considerato il tema, della forma museale permanente, per il rischio di cristallizzazione di negatività e ambiguità che necessariamente comporterebbe”.

di Nicoletta Tiliacos

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato su Il Foglio

Il Pd di Renzi vuole il museo del fascismo, “Si può cancellare la storia? No”. Il sindaco renziano di Predappio dice al Foglio che, finalmente, è pronto ad aprire il primo museo sul Ventennio in Italia. “E’ una battaglia culturale. Renzi? Mi ha detto di andare avanti”.
Roma, 14 settembre 2015. “Non possiamo cancellare la storia, non dobbiamo aver paura della storia”. Giorgio Frassineti ha cinquantacinque anni, è un esponente del Partito democratico, è, come si definisce, “un renziano di ferro”, e da sei anni ha un sogno particolare per la città che governa dal 2009: un museo che possa celebrare un pezzo della storia d’Italia. Un pezzo di storia d’Italia che però è piuttosto delicata e che riguarda il Ventennio che il nostro paese ha vissuto sotto la guida del regime fascista. Il sogno di Giorgio Frassineti nasce non per un’ossessione personale del sindaco renziano ma nasce perché la città che Frassineti governa si chiama Predappio ed è la città dove, il 29 luglio del 1883, nacque Benito Mussolini – e dove oggi è sepolto. Frassineti è stato rieletto pochi mesi fa, a maggio, nella sua città e dopo averlo annunciato per mesi ha deciso di arrivare al punto finale e di trasformare la sua battaglia “culturale”, come la chiama lui, in una missione sociale. Un museo del fascismo nella città dove nacque il padre politico del fascismo. Se ne era parlato tempo fa, quando Frassineti lo aveva annunciato prima di concludere il suo primo mandato. Se ne riparla ora, e ne riparliamo noi, non solo perché il sindaco di Predappio ha dedicato quattro delle ventisei pagine del programma elettorale alla costruzione del museo ma perché, così racconta il sindaco, l’idea di costruire un museo del Ventennio non piace solo agli elettori di Predappio – città dove è nato Mussolini e città dove è nato anche un altro presidente del Consiglio, Adone Zoli, nato, ricorda il sindaco, proprio nella casa della moglie di Mussolini – ma è un’idea che convince anche il segretario del Pd e presidente del Consiglio: Matteo Renzi.

“Il nostro paese – dice al Foglio Frassineti – si comporta spesso come un bambino che dopo una brutta esperienza decide di cancellare quell’esperienza e far finta di nulla. Chi si comporta così nasconde un problema, non lo supera, e lo stesso succede a chi nel nostro paese vuole nascondere la storia. Voglio un museo del fascismo, anche se so che museo non è la parola giusta, perché un museo monumentalizza, celebra, e io non voglio celebrare ma voglio soltanto raccontare, mettere in mostra. Per capirci: voglio questo museo per la stessa ragione per cui in Germania si trova il museo della Shoah: la storia, per comprenderla, la devi guardare negli occhi, anche se può fare male. Mi dicono: fermo, così celebri, non racconti, così trasformi Predappio nella Mecca dei fascisti italiani. Stronzate. Una buona politica, quando ha in mente un obiettivo, ha il dovere morale di rischiare. E il mio obiettivo, il nostro obiettivo, perché il mio partito è con me, è semplice ed elementare: dobbiamo dare il nostro contributo per raccontare il Novecento. Per raccontare i totalitarismi, con le Mauthausen, le Srebrenica, le Sarajevo, le coscienze nere del nostro continente. E dobbiamo farlo, se possibile, nei luoghi in cui quei frammenti di storia sono stati toccati più da vicino”.

Rimuovere la storia a volte è un modo per far vivere un’altra storia e per non celebrarla: è sicuro che sia possibile ricordare il fascismo senza magnificarlo? “Se non sei fascista, non sarà un museo sul fascismo a farti cambiare idea. Ma le pare possibile che un fenomeno di portata internazionale sia cancellato dalla storia del nostro paese? Le pare possibile che gli unici musei che in Italia raccontano la storia del Ventennio siano musei che descrivono solo gli ultimi anni del Ventennio, quelli della fine, quelli della Repubblica sociale? Le pare possibile, ancora, continuare a far finta che quegli anni non hanno cambiato l’Italia in un modo che forse vale la pena raccontare? Le pare possibile che un paese come il nostro il fascismo lo studi solo en passant sui libri di scuola? E’ storia, non revisionismo. E non ne faccio solo una questione economica. Ne faccio una missione. A meno che qualcuno non pensi che per spiegare quello che è successo in quei vent’anni in Italia sia sufficiente qualche foto di Mussolini appeso a testa in giù in un distributore di benzina a Milano. Finora la mia era solo un’idea. Ora siamo arrivati alla realizzazione: tra qualche giorno il comune diventerà formalmente proprietario del palazzo del fascio di Predappio e per costruire il museo, ma vedremo poi il nome che adotteremo, avremo 2.700 metri quadrati calpestabili, con una torre alta 40 metri, e tre piani circondati di marmi. E sono certo che una volta che partirà il progetto stato e governo non mi lasceranno solo”. Ne è sicuro? “Ne sono sicuro. Ho conosciuto il presidente del Consiglio durante la mia campagna elettorale. Era lo scorso 16 maggio. Gli raccontai la mia idea e lui mi disse delle parole per me definitive: bravo, vai avanti. Ed è proprio quello che sto facendo: sono andato avanti, e ora sono al traguardo. So già che ci saranno polemiche. Ma so già anche che la storia un giorno dirà che avevo ragione”.

di Claudio Cerasa

Questo articolo e’ stato originariamente pubblicato su Il Foglio

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