Disoccupazione, la mappa delle province italiane più colpite dalla crisi

La modesta ripresa del 2015, dal punto di vista dell’occupazione, ha lasciato buona parte d’Italia ancora molto indietro rispetto a dove si trovava all’inizio della crisi economica. Rispetto …

La modesta ripresa del 2015, dal punto di vista dell’occupazione, ha lasciato buona parte d’Italia ancora molto indietro rispetto a dove si trovava all’inizio della crisi economica.

Rispetto al 2007, mostrano i dati Istat, c’è meno lavoro in quasi tutte le province italiane, e alcune di esse sono state colpite assai duramente: Ravenna o Ascoli Piceno, per esempio, e ancora di più aree del Meridione come Reggio Calabria, Ragusa, Vibo Valentia e Benevento. In ciascuna di esse almeno sei persone su cento hanno perso il lavoro che avevano un tempo.

Soltanto due, al contrario, le province in cui l’occupazione è aumentata in maniera significativa negli ultimi otto anni: Livorno e Viterbo. Per province più popolose come Roma, Milano o Torino la situazione resta ancora oggi in territorio negativo: nella capitale per pochi decimali, mentre è proprio nel capoluogo piemontese che la strada per recuperare resta ancora piuttosto lunga.

Per farci un’idea più precisa, usando i dati Eurostat possiamo anche confrontare le regioni italiane con il resto del continente. In questo modo la distanza che separa alcune parti del nostro Paese dall’Europa diventa evidente: è uno scarto che nel 2014, rispetto alla Germania o al Regno Unito, arriva anche 25 o 30 punti in meno nel tasso di occupazione – che misura quante persone hanno un impiego sul totale della popolazione in età da lavoro, e in soldoni vale milioni di posti di lavoro in meno. In effetti non serve neppure guardare a nord: in diverse parti del sud c’è anche meno lavoro che in Grecia.

Esiste anche una grossa differenza fra chi ha studiato e chi no. Non solo i primi hanno più spesso un lavoro ma si tratta di una differenza importante già rispetto ai diplomati, per non parlare di chi invece si è fermato alle scuole medie. Eppure fra i giovani questa differenza si appiattisce, tanto che le persone fra 25 e 34 anni lavorano altrettanto spesso sia quando hanno una laurea, sia quando sono arrivati fino alle scuole superiori.

La storia è del tutto diversa anche fra uomini e donne, tanto che fra i maschi con la licenza media il tasso di occupazione è simile a quello delle diplomate. E proprio la mancata partecipazione delle donne al mercato del lavoro è uno dei talloni d’Achille storici dell’Italia – in particolare al sud.

Altro elemento poco raccontato riguarda gli immigrati. C’è chi dice che abbiano poca voglia di lavorare, eppure la fetta di loro con un impiego risulta superiore – anche se di poco – rispetto a quella degli italiani. Prima che arrivasse la crisi la differenza era assai maggiore poi, in particolare fra gli uomini, un brusco calo: segno che i primi a perdere il posto in tempo di difficoltà sono stati proprio loro.

di Davide Mancino

Fonte: La Stampa

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