Panama Papers, Uk: dopo Cameron anche il ministro del Tesoro nella bufera

Gli effetti collaterali dello scandalo Panama Papers, con le accuse al premier britannico David Cameron dopo le rivelazioni sul fondo offshore di famiglia, si abbattono ora anche sul …

Gli effetti collaterali dello scandalo Panama Papers, con le accuse al premier britannico David Cameron dopo le rivelazioni sul fondo offshore di famiglia, si abbattono ora anche sul suo ministro del Tesoro e già delfino designato: il cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, accusato da alcuni giornali d’aver eluso il pagamento della cosiddetta ‘corporation tax’ su parte delle sue entrate.

osborne

Costretto a pubblicare la propria dichiarazione dei redditi sulla scia di quanto fatto dallo stesso Cameron, Osborne è preso di mira in prima pagina dal “Daily Mirror”, ma anche dal “Times”, per aver incassato 45.000 sterline dall’azienda di famiglia aggirando tuttavia la corporation tax grazie a una ‘scappatoia’ sì legale, ma al cui uso lui stesso – in veste di ministro – ha di recente imposto limitazioni alle banche.

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Intanto il Guardian fa il bilancio dell’acceso dibattito di ieri ai Comuni sul caso Panama Papers, il primo affrontato da Cameron dopo l’esplosione dello scandalo, dando atto al premier conservatore di aver accettato a viso aperto il confronto parlamentare, ma anche notando che il leader dell’opposizione laburista, Jeremy Corbyn, ha avuto buon gioco a sollevare nuove critiche e a chiedere “altre risposte”.

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In difesa di Cameron si muove l’ex leader Tory ed ex ministro William Hague, che riconosce la necessità di una “nuova era di trasparenza finanziaria” per la politica, ma invita a non assolutizzare questo criterio di giudizio. Sulla stessa lunghezza d’onda i commenti del filo-conservatore Daily Telegraph e del Financial Times, giornale della City. Mentre i sondaggi accreditano tuttavia un atteggiamento radicale della maggioranza dei cittadini britannici sulle tasse pagate (o non pagate) dagli esponenti politici.

Rischia di perdere il referendum sulla Brexit”

“Ora la vera minaccia alla stabilità non è che Cameron debba dimettersi a causa dei conti offshore, ma che si indebolisca al punto da perdere il referendum sull’Unione europea. A quel punto perderebbe il posto, ma molto più grande sarebbe il danno per la Gran Bretagna e per l’Europa”. Questo il parere del sociologo Anthony Giddens, membro della Camera dei Lord, in un’intervista a Repubblica.

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“Se la scelta razionale sarebbe o dovrebbe essere, per i cittadini britannici, di votare sì alla Ue, l’impatto dello scandalo può spingerli a votare contro il premier e dunque contro la Ue”, sottolinea Parlando dello scandalo dei Panama Papers, Giddens osserva che “i paradisi fiscali esistono da molto tempo, ma hanno acquisito un nuovo significato da quando il denaro è diventato elettronico” e “questo ha ingigantito la possibilità di spostare enormi somme da un punto all’altro del globo senza controlli, di celarle al fisco, di farle crescere fino a dimensioni mai raggiunte prima”.

cameron protesta

Allo stesso tempo “per ragioni analoghe è diventato più difficile, se non impossibile, mantenere segreti e privacy”. “Ci sono in giro trilioni di dollari che dovrebbero generare tasse a beneficio della collettività e invece vanno a vantaggio di una ristretta élite, aumentando la diseguaglianza”, per questo – a suo avviso – servirebbe “un welfare globale” e “la tassazione dei capitali nascosti è uno dei mezzi per intraprenderla”.

Commissione Ue vara stretta sui paradisi fiscali

La Commissione europea sta per annunciare una stretta contro l’utilizzo dei paradisi fiscali da parte delle grandi multinazionali che operano nel Vecchio continente. In particolare, l’Esecutivo europeo prevederà l’obbligo per le grandi aziende di rendere pubblici i loro ricavi in ciascuno degli Stati membri dell’Unione. Una misura che dovrebbe bloccare la pratica di spostare i profitti nei paesi con imposizione fiscale più bassa, spesso attraverso l’uso di società fittizie come quelle rivelate dai cosiddetti Panama Papers.

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Il commissario ai Servizi finanziari, Jonathan Hill, annuncerà al Parlamento Europeo il pacchetto di misure alle 14 ora italiana di martedì 12 aprile. Le nuove regole si applicheranno a tutte le società con ricavi di almeno 750 milioni di euro annuali con attività all’interno dell’Unione europea. Si tratta, secondo i calcoli di Bruxelles, di circa 6.000 aziende, include 1.000 asiatiche, pari al 90% di tutte le società globali di queste dimensioni.

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